Com’era prevedibile, si doveva prima o poi (quasi più poi) arrivare al solito confronto infiammato tra politica e Rai sulla base dell’informazione. Niente di nuovo, se non il timore di molti che Renzi sia più invasivo di Berlusconi dal momento che personalmente non possiede televisioni. Le osservazioni sarebbero tante,
in buona parte ripetute. Ne ho scritto per decenni dove ho potuto. Ma qui rilevo che la battaglia sembra essere sempre e solo sullo spazio occupato in reti e tg dalle varie forze (debolezze…) politiche. Gli ascari di turno sono a disposizione, cambiando sempre a tempo casacca. Il leccaculismo impera. Ma sulla qualità della produzione televisiva, o meglio sulla mancanza di qualità della principale (sì, sic!, ancora…) azienda culturale o di circolazione di idee e notizie del Paese, si tace. Se Rai Tre fa per lo più pena, non è perché c’è poco Renzi e troppa minoranza Pd o M5S: fa pena perché programmi e professionisti nel settore sono imbarbariti dall’analfabetismo di ritorno, dalla dipendenza esasperata dal potere, dall’inconsistenza lavorativa ecc.ecc. Insomma fa pena perché fa pena, e non la migliorerà, né la Rete né il Tg come nessuna Rete e nessun Tg, un’occupazione renziana o quale che sia. Ricominciamo a ragionare sui meriti, sui percorsi professionali, sulla qualità dell’insieme, togliamo la polvere stantia piena di acari dal teleschermo. Migliorerà il Paese infetto, che pare invece destinato al precipizio. o.b.